È il 3 gennaio 1992, un venerdì, quando alle quattro del pomeriggio si tiene la prima riunione del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo.
Da allora sono trascorsi 20 anni, durante i quali la Fondazione ha realizzato migliaia di interventi a beneficio del territorio di Padova e Rovigo, dove ha investito – dalle sue origini ad oggi – circa 700 milioni di euro.
Un impegno che si ricollega alla natura stessa della Fondazione, nata – come tutte le Fondazioni di origine bancaria – in seguito alla riforma del sistema bancario italiano, introdotta dalla legge Amato-Carli alla fine del 1991.
Il provvedimento, riguardante Banche del Monte e Casse di Risparmio, ha separato l’attività creditizia da quella filantropica: la prima è stata attribuita alle banche stesse, trasformate in società per azioni di natura commerciale e privata; la seconda è passata invece alle neonate Fondazioni, che si sono configurate come istituzioni private non-profit chiamate a operare a sostegno dello sviluppo civile, sociale, culturale ed economico dei territori in cui sono inserite.
C’è chi le ha dipinte come un Frankenstein poi trasformatosi in Principe Azzurro. E chi le considera una panacea. In ogni caso, quella delle Fondazioni italiane è una realtà di forte impatto, che oscilla tra giudizi estremi e una confusione diffusa su quale sia il loro ruolo. Scopo della tavola rotonda è fare il punto – in occasione del compimento del 20° anno di attività della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo – su un universo ancora poco conosciuto che può dare un contributo prezioso alla crescita del nostro Paese.