ATTENZIONE: rispetto a quanto riportato nell’opuscolo, data e orario dell’incontro sono cambiati. Trovate quelli corretti qui sopra. La sede, invece, rimane invariata.
Man mano che il dibattito sull’industria 4.0 si intensifica e si allarga, includendo dimensioni che vanno oltre l’innovazione tecnologica, verso l’organizzazione delle imprese, cresce l’attenzione per il lavoro che resta – o si suppone resterà – appannaggio dell’uomo.
Nel mare di quantificazioni e analisi, previsioni sui mestieri che scompariranno e le competenze che mancheranno, la denuncia sull’inadeguatezza dei sistemi educativi e la rigidità del mercato del lavoro, si moltiplicano le domande senza risposta.
Quanta tecnologia comprano le imprese? È o non è tecnologia “abilitante”? Dove passa il confine fra “vecchia” automazione e “nuova” digitalizzazione? Quanto lavoro vivo sarà mangiato dai robot e in quanto tempo? Quando l’intelligenza artificiale soppianterà l’intelligenza umana?
Domande spesso mal poste, del resto l’industria 4.0 è terreno di semplificazioni. Ma quando la marea del dibattito sul futuro si ritira, restano le storie delle fabbriche e delle persone che stanno giocando un ruolo dentro la trasformazione in atto. Una prova non del lavoro che manca, ma del lavoro che serve.